I fantasmi di Darwin by Ariel Dorfman

I fantasmi di Darwin by Ariel Dorfman

autore:Ariel Dorfman [Dorfman, Ariel]
La lingua: eng
Format: epub
editore: Clichy
pubblicato: 2019-11-22T15:42:29+00:00


Sei

A questo mondo esiste una cosa terribile:

che ognuno ha le sue ragioni

Jean Renoir, La regola del gioco

Certo che era lei. Certo che era stata lì tutto il tempo. E naturalmente la risposta era stata a guardarmi in faccia per tutti quei mesi: usare la sua voce passata per curare l’amnesia, e solo il sollievo che mi stava inondando annegò il rimprovero per il fatto che avrebbe potuto succedere prima, il giorno in cui era stata riportata indietro da Berlino su una barella, se solo non fossi stato così roso dall’odio.

Lesse sul mio viso ciò che stavo pensando e scosse la testa.

«No» disse. «Non capisci. Questa faccenda non ha mai riguardato me. Era un test per te».

Cosa intendeva? Quale test? E perché dirmi che non avevo capito, anziché festeggiare, inneggiare al meraviglioso 1992 correndo verso la stanza di mio padre, svegliando Vic e Hugh per stappare con loro una bottiglia di champagne? Lei era tornata e questo bastava, questo…

Cam mise con cura da parte la cartelletta blu e il manoscritto e prese la mia mano tra le sue. «C’è una cosa che devi sapere». E poi cominciò pazientemente, in strazianti e aggrovigliati dettagli, a raccontarmi dell’incidente e di ciò che ne era seguito.

Niente di nuovo, all’inizio, nel suo racconto. A causa di quel frammento che si era staccato dal Muro aveva davvero sofferto dell’amnesia retrograda che le era stata diagnosticata, si era risvegliata all’ospedale universitario della Charité pensando di avere quattordici anni. E quando mio padre era entrato, aveva preso per buone le sue scuse, sicura che il suo papà l’aspettasse a casa. Stordita e confusa, aveva gradito, disse, i farmaci che l’avevano fatta dormire.

Dopo aver aperto gli occhi poche ore più tardi - e qui Cam si fermò per un tempo lunghissimo prima di lanciarsi - quando si era svegliata, be’, si ricordava tutto, tutta la sua vita, comprese le ultime ore in ospedale.

Era guarita da sola.

La interruppi allarmato, un terribile uccellaccio mi stava rodendo lo stomaco, salassando con le sue domande.

«Ma… ma… perché non hai… se tu… se tu… in questi due anni abbiamo… hai di nuovo perso la memoria, proprio, subito dopo, no? Quando sei ritornata qui… voglio dire, non ti ricordavi nulla, tu ancora… cioè…»

«No, Fitzroy. Mi ricordavo tutto, anche di aver avuto un’amnesia momentanea. Avevo po’ di mal di testa, il collo mi faceva male da morire, ero frastornata e disorientata, ma completamente me stessa, ventiduenne, sposata con il meraviglioso signor Foster junior, la sposa che aveva appena concluso la missione che avevamo programmato, tutti i pezzi del puzzle al proprio posto… quasi tutti, per lo meno, dovevo ancora passare per Zurigo; ero la stessa persona che sono adesso, con la mia identità, i miei ricordi, l’amore intatto».

La fissai incredulo. L’incredulità era meglio della rabbia, dell’umiliazione che iniziava ad avvelenarmi con il suo bagliore tossico; era impossibile che avesse preso in giro me, noi, i dottori. Il solo prendere in considerazione che potesse aver perpetrato una crudele mistificazione come quella mi causava una sofferenza e una pena che rasentavano la follia.



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